Ristorazione alle corde – Polce: “Per ripartire bisognerà credere in chi lavora”

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Il comparto della ristorazione è tra i più colpiti e anche le pizzerie hanno risentito del calo di vendite. Luca Polce (Valmontone): “Ci sarà da soffrire. Penso che la ripresa sarà lenta: confidiamo nel buon senso di chi ci governa”

L’emergenza ha colpito anche le pizzerie. È un momento difficile per la ristorazione: anche se siamo tornati in zona gialla, l’impossibilità di far sedere al tavolo i clienti la sera limita molto gli affari. Come ha spiegato qualche tempo fa lo chef di Miss Italia, Bruno Brunori, la ristorazione sta cambiando proprio a causa delle restrizioni. C’è chi, come lo stesso Brunori e come Stefano Bartolucci, ha iniziato a gestire da solo il proprio ristorante. Per le pizzerie a taglio la flessione delle vendite è più lieve ma comunque consistente. E poi ci sono tante persone che hanno iniziato a panificare a casa: sarà un bene? Ne abbiamo parlato con Luca Polce, pizzaiolo di Valmontone premiatissimo al Campionato Mondiale della Pizza che si tiene a Parma.

Com’è avere una pizzeria al tempo del covid?
“È molto difficile andare avanti. Le problematiche sono tante, la gente gira molto di meno e ha paura di uscire di casa. Per questo motivi il comparto risente abbastanza della situazione. La pizzeria a taglio ha risentito leggermente meno delle altre di questa emergenza ma anche in questo settore c’è stato un calo delle vendite del quaranta percento. La crisi si sente tanto e si vive alla giornata perché non si riescono a fare previsioni”.

Tanta gente sta imparando a fare la pizza a casa. È un problema per il vostro settore oppure alzerà il la richiesta di qualità del consumatore?
Non credo che tutto ciò alzerà la richiesta di qualità ma penso che, sotto certi punti di vista, dà una piccola spallata al settore. Allo stesso tempo spero che fare la pizza in casa faccia riflettere su quanto è alto l’impegno e il costo di chi ha una pizzeria e quanto deve essere grande la passione del pizzaiolo per portare avanti l’attività.

Auspico che tutto ciò faccia apprezzare di più il nostro lavoro e faccia capire che non si tratta soltanto di mescolare acqua, farina e lievito per poi mettere tutto in forno. Fare il pizzaiolo significa ricercare i prodotti migliori, studiare l’impasto, scegliere la giusta temperatura del forno, calibrare i tempi e molto altro. Alla fine penso che la gente si stia accorgendo che fare la pizza a casa costa di più che prenderla in pizzeria e spero che anche per questo apprezzerà di più il lavoro del pizzaiolo”.

Crede che dopo questa emergenza sarà dura riprendersi?
“No ma bisogna credere nelle capacità di chi lavora, guardando sempre avanti e volgersi indietro soltanto per capire cosa non è andato. Ci sarà da soffrire perché la verità è che in tanti sono rimasti senza soldi e lavoro e la precarietà è aumentata. Penso che la ripresa sarà lenta e confidiamo nel buon senso di chi ci governa”.

Ritiene che le precauzioni adottate sulla ristorazione siano state proporzionali?
Le precauzioni nell’ambito della ristorazione a mio parere sono state anche troppo stringenti perché mi sembra sia più sicuro stare in un luogo di ristorazione che a casa. Tra riduzione dei tavoli, sanificazioni, termometri, misurazioni della temperatura corporea, annotazione dei nominativi e adeguamenti vari credo che ristoranti e pizzerie siano di certo più sicure che stare su un pullman o riunirsi a casa con amici e parenti”.

E allora perché….
“È una domanda da fare a chi ci governa, che ha fortemente penalizzato il comparto. Se ci sono dei settori per cui sarà dura riprendersi, la ristorazione è di certo tra quelli”.

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