“Ci dicano come stanno le cose”. Vox poluli e “giravolta” sulla privacy al tempo del coronavirus

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Contro la comunicazione generica della Regione e il silenzio delle Asl, i cittadini chiedo maggiore trasparenza per capire se e quanto è grave la situazione in ogni città. Anche i Sindaci attendono notizie dalle autorità sanitarie ma spesso nelle cittadine le “voci” sono più tempestive delle comunicazioni ufficiali e la popolazione perde fiducia nelle autorità

Quel che non capiscono i vertici regionali e sanitari è che il Lazio (come gran parte del centro Italia) è fatto per la maggior parte di piccole comunità coese e sparse in cui le notizie circolano parzialmente prima che arrivino le comunicazioni ufficiali. E se le comunicazioni ufficiali non sono precise e tempestive, la popolazione non crede più alle autorità perché rimane in balia delle comunicazioni parziali informali.

È capitato ad esempio ad Artena, quando qualche giorno fa si è saputo del primo caso di coronavirus, che però era stato contratto (come confermato successivamente) ad Albano Laziale in una struttura sanitaria. A parte la preoccupazione per il contagiato, è emersa preoccupazione per non sapere con chi ha avuto a che fare la persona ricoverata, poi risolta dalle informazioni fatte filtrare dal Comune.

Non a caso a Colleferro, al primo contagio di cui si è avuto notizia, il Comune si è affrettato a far sapere che l’uomo proveniva dal frusinate e “non aveva avuto contatti con il territorio”.

Sta capitando ad esempio a Lariano con i due casi di coronavirus rilevati nei giorni scorsi, a cui si aggiungono le macchine della Asl Roma 6 con scritto “campioni biologici” che in questi giorni sono state viste circolare. Nei giorni scorsi, inoltre, a Lariano gli studi medici sono stati sanificati e ci si chiede se ci sono ulteriori casi o no. Come i cittadini, anche i sindaci sono in attesa delle comunicazioni della Asl e la tensione aumenta.

“Perché non ci dicono come stanno le cose? Secondo loro dovremmo stare chiusi in casa senza sapere nulla ma la gente non si rende conto del pericolo se non si dice come stanno le cose: la Asl dovrebbe far sapere tempestivamente almeno il numero esatto di positivi” è il commento più frequente via whatsapp, a cui si aggiungono i dubbi sull’utilità della privacy per la salute pubblica in una situazione di emergenza.

La comunicazione generica della Regione aumenta le incertezze

Dal 9 marzo scorso la Regione, tramite la sua pagina “Salute Lazio” ha comunicato 108 casi di positività nella Asl Roma 6 senza dire a quale città si riferiscono. Nella Asl Roma 5, che comprende una miriade di Comuni che vanno da Carpineto a Subiaco a Palombara Sabina, passando per Tivoli, la situazione non è diversa. Ieri la Regione dichiarava che c’erano 20 nuovi casi di positività al coronavirus. Dal 9 marzo per questa Asl sono stati comunicati 74 casi.

Quanto alla sorveglianza domiciliare (quindi le persone a rischio) nella Asl Roma 6, fino all’11 marzo scorso, la Regione aveva comunicato 780 persone in sorveglianza domiciliare. Per la Asl Roma 5 si trattava invece di 1222 persone. Dopo l’11 marzo la Regione ha iniziato a comunicare soltanto le persone uscite dalla sorveglianza domiciliare: e tra il 12 e il 18 marzo ne sono uscite (quindi sono a tutti gli effetti guarite) 2887 per la Asl Roma 5 e 528 per la Asl Roma 6. Ci si chiede, quante ne rimangono e dove?

La privacy e la “giravolta” del Dipartimento della Protezione Civile: da oggi i Sindaci devono essere di nuovo informati

Nemmeno i sindaci lo sanno. “Non ci dicono chi sono per la privacy ma almeno potrebbero dirci dove sono e quante sono, altrimenti come si fa a controllarle e a rassicurare i cittadini?” afferma un Primo Cittadino della zona. E in effetti il Dipartimento della Protezione Civile nazionale nei giorni scorsi ha fatto una “giravolta” sulla comunicazione dei dati.

Sulla base del decreto-legge n. 14 del 9 marzo scorso, che autorizza forme semplificate di trattamento dei dati, il Dipartimento ha prima comunicato (il 16 marzo) a tutti che i dati più rilevanti potevano essere comunicati ai Sindaci, alle Forze dell’Ordine, ai Vigili del Fuoco. Poi il 17 marzo ha revocato la comunicazione. Oggi ha di nuovo comunicato la possibilità di trasmettere i dati come stabilito il 16 marzo scorso. Forse da domani le cose potranno essere più trasparenti, anche se pure in altre Regioni c’è la tendenza a non comunicare.

In Sardegna Ordini professionali e Sindacati protestano contro la censura ai medici che “non possono parlare, se non autorizzati, con i giornalisti”

È di ieri il caso della Regione Sardegna riportato dall’agenzia AGI, dove l’assessore alla Sanità ha scritto una nota alle Asl chiedendo l’applicazione di sanzioni disciplinari verso i medici “che parlano con i giornalisti”. Contro la minaccia sono intervenuti con veementi proteste gli Ordini e i sindacati dei Medici e dei Giornalisti che parlano del pericolo costituito dalla “fonte unica” in un momento di emergenza come questa e di “metodi dittatoriali”. Oltre agli Ordini è insorta anche l’opposizione costituita dal Pd. Qui nel Lazio il divieto del personale sanitario delle Asl di parlare con i giornalisti senza essere prima autorizzati c’è da tempo. In alcune Asl è più stringente e sarebbe anche ora di farlo cessare in favore di maggiore trasparenza in una situazione di emergenza come questa.

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