Le ditte boschive dei Castelli romani chiedono aiuto in Regione: “Siamo penalizzate”

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I rappresentanti di una trentina di ditte boschive hanno incontrato l’assessore Righini. I problemi: corsi di formazione onerosi e norme da rivedere

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L'incontro tra i rappresentanti delle ditte boschive e l'assessore Righini

Milleottocento euro a corso e quaranta giornate di lavoro. Tanto devono pagare le ditte boschive del Lazio per mettersi in regola sui corsi di formazione per tagliare gli alberi. Anche quegli imprenditori boschivi che sono attivi da decenni e che potrebbero insegnare a tagliare, manutenere e conservare i boschi proprio in quei corsi che sono tenuti a pagare per sé o per i propri dipendenti.

La decisione di far gravare la formazione sulle aziende è stata presa due anni fa dalla Regione Lazio con una delibera. Un atto che una trentina di aziende affiliate all’Aspal Lazio, dei Castelli Romani, di Viterbo e Rieti, hanno chiesto di cambiare, aggiungendo la possibilità di esentare quelle aziende che sono già iscritte negli elenchi forestali provinciali. La richiesta è stata avanzata dal vice presidente dell’Aspal, delegato al settore boschivo, Piero Valeri, e dal componente del Gruppo Aspal, divisione boschiva, Armando Frasca.

I due rappresentanti dell’Aspal hanno incontrato in Regione l’assessore all’Agricoltura Giancarlo Righini, insieme ad altri operatori del settore: Federica Iannucci (Trulli Legnami srl), Roberto Frasca (Frasca Legnami srl) e Barbara Pantoni (Sibi srl). L’assessore Righini ha dato la propria disponibilità a rivedere la delibera del 2020, per cercare di venire incontro alle esigenze delle aziende boschive.

Ma non è finita qui. Le imprese nei giorni scorsi hanno messo nero su bianco quali sono le problematiche più importanti del settore. Ad esempio la difficoltà crescente nel trovare manodopera, per la quale le aziende vorrebbero attivare dei tirocini formativi con agevolazioni fiscali e contributive. Oppure la semplificazione dei Piani di Sviluppo Rurale e la revisione di altre norme diventate desuete.

Ancora: la necessità di riconoscere il ruolo delle aziende nel mantenimento e nella salvaguardia ambientale del territorio, “nonostante – dicono – i continui attacchi da parte dell’estremismo ambientalista, che per ignoranza in materia forestale e siliocolturale creano non poche difficoltà allo svolgimento dei lavori”. Oppure la revisione delle prescrizioni nelle zone “SIC”, ritenute troppo penalizzanti rispetto ai tempi previsti di lavorazione. Su tutto ciò, a questo punto, gli operatori del settore attendono risposte.

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