Lariano, il debito della discordia riconosciuto in Consiglio

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Comune di Lariano condannato a pagare 2,7 milioni di euro per via Tevere. Ieri il consiglio ha riconosciuto il debito: l’Ente ha fatto ricorso ma cerca un accordo col creditore

Ieri il consiglio ha riconosciuto il debito derivante da una condanna a 2,1 milioni di euro (oltre interessi) pronunciata nel 2020 dal Tribunale Civile. Il motivo? Una causa che riguarda le palazzine di via Tevere. Stavolta a chiedere i soldi è stata una finanziaria che ha comprato un credito ipotecario, che l’Unicredit vantava nei confronti della Nuova Lariano per un mutuo fondiario. Dopo il fallimento della società e la revoca della convenzione, la finanziaria si è rivalsa sul Comune di Lariano.

Alla fine del 2020 è diventato esecutivo un decreto ingiuntivo del 2018. Si tratta di una sentenza che impone al Comune il pagamento di 1,7 milioni di euro di capitale oltre a quasi 400 mila euro di spese legali e a 575 mila euro di interessi calcolati dal 2001. Ieri l’Amministrazione comunale ha portato in consiglio il riconoscimento del debito, che potrebbe essere pagato in tre anni al massimo. Intanto è in corso la causa d’appello per cercare di riformare la sentenza: l’udienza è stata fissata per il 2025. Sulla gestione della pratica c’è stata polemica, accompagnata da un confronto serrato tra maggioranza e opposizione.

La “sorpresa” e il giallo della notifica

L’assessore al Bilancio Sabrina Verri ha parlato di “sorpresa nel ritrovarsi una sentenza che, quando eravamo all’opposizione, ci era stato detto che non era stata notificata o non era esecutiva”. “Non riconoscerla – ha aggiunto l’assessore – significa aumentare gli interessi e questo non possiamo permettercelo”. La Verri ha anche dichiarato che l’amministrazione “sta lavorando affinché il riconoscimento non sia preclusivo di altre strade”. E ha aggiunto di essere alla ricerca di “un’eventuale transazione o situazione diversa”.

Durante il dibattito è emerso che l’Amministrazione Caliciotti ha prima chiesto al Tribunale la sospensione dell’esecutività del decreto, non ottenendola, e poi ha fatto ricorso in appello. Il tutto sarebbe stato fatto in continuità con la precedente Amministrazione Montecuollo.

L’ex sindaco Maurizio Caliciotti ha premesso che “la condanna non è la causa ma l’effetto della revoca della convenzione del 2003”. Ha quindi affermato che nel 2020, ricevuta la sentenza, si erano fatte delle riunioni di Giunta per capire come agire. Addirittura si era valutata l’ipotesi del dissesto finanziario. Poi, avendo fatto appello, non si è proceduto al riconoscimento “poiché – ha detto l’ex sindaco – la sentenza non era stata notificata al Comune e non c’era stata una richiesta di pagamento”.

Notifica (che va fatta nella sede dell’ente secondo quanto previsto dal codice di procedura civile) ci sarebbe stata invece secondo l’assessore Sabrina Verri, che ha citato parte della corrispondenza tra l’avvocato del comune e l’allora segretaria che si confrontavano sull’opportunità di pagare il dovuto. Ciò che ha animato il dibattito di ieri, però, sono stati i tempi del riconoscimento del debito e l’opportunità di farlo alla luce dell’art. 194 del Tuel. Secondo l’Amministrazione Montecuollo la delibera di ieri andava fatta già nel 2021. Secondo l’opposizione, per la quale ha parlato l’ex sindaco, la strada del riconoscimento non sarebbe quella migliore in questa fase della lite.

L’emendamento respinto

Quindi “Prima Lariano” ha proposto un emendamento per scrivere in delibera che l’atto approvato dal Consiglio non avrebbe significato acquiescenza né rinuncia all’appello. Un testo che era stato già usato dall’Amministrazione Caliciotti nel 2017. All’epoca l’allora maggioranza si trovò a motivare l’approvazione della salvaguardia degli equilibri di bilancio nonostante un parere negativo del revisore dei conti, che invitava a riconoscere un debito di oltre 600 mila euro.

Anche in quell’occasione c’era una sentenza negativa, in attesa di pronuncia di secondo grado (e solo mesi dopo riformata in favore del Comune). La maggioranza di allora decise di rinviare il riconoscimento del debito al momento in cui la sentenza sarebbe diventata definitiva. Una vicenda che si è riproposta ieri, ma con un esito diverso. “Non possiamo tirare fuori neanche un euro ma si può trovare una transazione a tre fra curatela, creditore e Comune” ha proposto l’ex sindaco.

“Essendo pendente la lite, il Comune di Lariano disconosce le ragioni e le pretese creditorie di controparte – era l’emendamento – riportandosi alle difese ed eccezioni di cui all’atto d’appello e che non si tratto di acquiescenza e riconoscimento di debito in senso civilistico, ma solo dell’atto dovuto dal Consiglio comunale per assicurare copertura contabile all’interno del bilancio di quanto statuito con sentenza non passata in giudicato. Dare altresì atto che eventuali pagamenti dovranno essere eseguiti con ogni più ampio diritto di ripetizione e con salvezza del contenzioso in corso”.

La proposta della minoranza in prima battuta non è stata ammessa dal presidente Natalino Ascenzi, poi, regolamento alla mano, è stata posta in votazione e respinta dalla maggioranza. L’Amministrazione ha infatti ritenuto che il significato dell’emendamento fosse già contenuto nel ricorso in appello che il Comune continua a sostenere.

Montecuollo: “I debiti vanno riconosciuti e non si andrà in dissesto”

“I debiti vanno riconosciuti – ha poi dichiarato il sindaco Francesco Montecuollo – e purtroppo lo andiamo a fare in maniera tardiva: ciò ha portato a maturazione di interessi ulteriori. Ciò non implica – ha aggiunto Montecuollo – che domani andiamo a pagare il 100% del riconosciuto ma solo di trovare la copertura per non andare in dissesto”.

“Non si andrà in dissesto – ha assicurato il sindaco -, non ci sarà anticipazione di cassa né interferenze per i pagamenti dei fornitori e dei lavori pubblici”. Montecuollo ha quindi confermato che “è già in corso una trattativa a tre” per trovare un accordo.

Intanto “riconoscere il debito è segno di correttezza amministrativa e di responsabilità” ha detto il sindaco, che ha aggiunto: “Non è stato un errore del passato revocare la convenzione della Nuova Lariano perché quella delibera oggi permette al comune di Lariano di avere un patrimonio immobiliare in cui fare la casa della salute”.

Ferrante Carrante ha provato a fare da “pacere”

Nel dibattito è anche intervenuto Fabrizio Ferrante Carrante che, come capogruppo di maggioranza ed ex assessore della Giunta Caliciotti che aveva deciso per l’inopportunità di riconoscere il debito, ha cercato di fare da pacere. “Non stiamo cercando un colpevole – ha detto Ferrante Carrante -, che non credo sia in questa aula e nemmeno nelle precedenti amministrazioni”.

“Tutto è iniziato – ha dichiarato Ferrante Carrante – quando la Nuova Lariano consolidò un mutuo fondiario per 13 miliardi di lire. Poi il Comune ha revocato la convenzione che in un articolo imponeva la decadenza della stessa in caso di fallimento. Se nel 2003 non l’avesse fatto – ha aggiunto Ferrante Carrante -, il consiglio sarebbe potuto essere tacciato di danno erariale”.

“Riconoscere il debito non è un atto politico – ha proseguito Ferrante Carrante – perché ce lo impone la legge. La precedente amministrazione di cui facevo parte aveva una visione diversa e le dobbiamo essere grati per l’oculatezza nella gestione delle risorse. Ora auspichiamo lo stesso tipo di giudizio che c’è stato con la sentenza Andreozzi”.

“Riconoscere il debito non è il disastro, disastro sarebbe pagarlo ora”

Alla fine si è andati al voto. La maggioranza ha approvato il riconoscimento del debito fuori bilancio e la minoranza ha deciso di non partecipare al voto “per permettere di far uscire una delibera unanime”. “Il riconoscimento del debito non è il disastro – ha affermato l’ex sindaco Caliciotti -, il disastro avviene se domani si emette il mandato di pagamento”. Perché ciò, secondo il consigliere comunale, avrebbe la funzione di indebolire la posizione del Comune nel processo di appello.

Il Comune di Lariano, comunque, proverà a pagare solo la parte capitale del dovuto per bloccare la maturazione degli interessi, che intanto hanno raggiunto oltre mezzo milione di euro. Per farlo dovrà convincere il creditore ad accettare l’imputazione del pagamento in via prioritaria alla parte capitale. Così l’amministrazione sta esplorando la strada di un accordo con il creditore mentre in Corte d’Appello sta chiedendo di riformare la sentenza.

Pagherà solo il Comune?

La domanda che ora ci si pone, alla fine di tutto il dibattito è però un’altra. Qualcuno rimborserà gli interessi che il comune dovrà riconoscere dal 2001 fino al saldo del credito? Una transazione, che comporta reciproche concessioni, convincerà la Corte dei Conti dell’assenza di danni erariali? Oppure conviene a tutti sperare che la sentenza d’appello dia ragione al Comune?

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