Crediti IVA fittizi per non pagare tasse e contributi a mille lavoratori: la maxi frode parte da Roma

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La Guardia di Finanza ha arrestato un professionista romano. Sequestrata una barca a vela di 26 metri a Ischia, 16 lingotti d’oro, orologi di lusso, beni immobili e conti correnti. Dieci indagati. Società coinvolte anche a Pomezia

Utilizzavano i crediti IVA fittizi per non pagare le tasse e i contributi ai lavoratori, per questo la Guardia di Finanza di Roma e la Procura hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di un professionista di Roma ritenuto il “dominus” dell’organizzazione che coinvolge dieci indagati residenti nella zona di Roma Nord. Le società che beneficiavano del meccanismo ritenuto fraudolento sono invece sparse in tutta Italia e infatti le perquisizioni sono scattate nelle province di Roma, Milano e Cosenza. I Finanzieri hanno inoltre effettuato il sequestro preventivo di beni mobili e immobili degli indagati e delle imprese per un importo di 2,2 milioni di euro. Tra i beni confiscati c’è anche una barca a vela di 26 metri ormeggiata al porto turistico di Ischia, 16 lingotti d’oro, immobili, conti correnti e orologi di lusso.

Il tutto sarebbe avvenuto a danno dello Stato e dei lavoratori delle società beneficiarie della frode. Queste ultime, infatti, applicando il meccanismo della compensazione dei crediti IVA, avrebbero utilizzato dei crediti fittizi in compensazione dei contributi previdenziali da versare per i lavoratori e delle tasse, creando un danno allo Stato e ai lavoratori. Nel complesso il numero dei lavoratori con contributi non regolarmente versati sarebbero circa mille. Sono impiegati in piccole società attive nel settore alberghiero, nella logistica, nel facchinaggio e nell’edilizia, alcune delle quali si trovano a Pomezia, poco fuori Roma.

Il meccanismo e la dimensione della frode

Le indagini portate avanti per oltre un anno dal 1° Nucleo Operativo Metropolitano di Roma, diretto dal ten. col. Luigi Galluccio, hanno riguardato l’esame di dichiarazioni fiscali e di documentazione contabile e bancaria e “sono partite da un controllo fiscale nei confronti di una società capitolina per poi allargarsi a macchia d’olio nei confronti di una fitta rete di imprese – si legge in una nota della Finanza – completamente asservite agli scopi fraudolenti”. Dagli accertamenti dei finanzieri “è emerso come gli indagati, sotto un’unica cabina di regia pilotata da un avvocato romano, individuato quale ideatore e dominus di tutta l’organizzazione, fossero soliti costituire ad hoc società cartiere intestate a prestanome e aventi quale finalità quella di emettere fatture per operazioni inesistenti per consentire la generazione di crediti IVA fittizi”.

Duecentocinquanta sono complessivamente le società fantasma individuate – riferisce la nota del Comando Provinciale delle Fiamme Gialle – quasi tutte con sede nella provincia di Roma, grazie alle quali l’organizzazione è riuscita, in soli 3 anni, a generare un’evasione all’IVA di 98 milioni di euro e crediti IVA per oltre 320 milioni di euro; crediti che, una volta “piazzati sul mercato”, venivano utilizzati per compensazioni tributarie (dirette o per conto terzi) o per l’ottenimento di rimborsi dall’Erario. Le ricostruzioni operate – prosegue la nota della Gdf – hanno consentito di quantificare in circa 6,1 milioni di euro l’ammontare dei proventi illeciti accumulati dal principale indagato; parte dei quali è risultata essere stata reinvestita (in modo tale da ostacolare concretamente l’identificazione della relativa provenienza delittuosa) per l’acquisto di immobili, imbarcazioni, automobili, nonché per investimenti imprenditoriali e speculativi all’estero”.

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