Coronavirus – I dati che fanno riflettere

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Durante queste settimane di coronaviru è uscita una serie di dati che nella narrazione pubblica ha avuto una “luce minore”. Si è preferito continuare a dare evidenza ai dati dei positivi, dei deceduti e dei guariti, a quelli della “potenza di fuoco” dei decreti, al recovery found etc. Così siamo rimasti incollati all’aumento (naturale) dei morti e dei guariti. Siamo stati indotti a sorprenderci dell’aumento e poi del calo dei contagi (anch’essi fisiologici). Siamo stati terrorizzati al punto che qualcuno ha pensato che il virus vagava nell’aria. Abbiamo accettato il lockdown e le molteplici ordinanze che hanno soddisfatto il bisogno innato di sicurezza. Finalmente siamo stati “contenti e grati” per la fine del lockdown e non ci siamo nemmeno chiesti il motivo per cui si è riaperto quasi tutto, anche senza vaccini né cure. In queste settimane mi sono appuntato quei numeri e ve li propongo per una riflessione. Tirate voi le somme.

8 milioni

È il numero di persone che avrebbero avuto il coronavirus secondo tre indagini dell’istituto DOXA coordinate dall’Università Statale di Milano (la notizia è qui). Lo studio parte da un dato certo: 15 milioni di persone hanno avuto sintomi Covid-19 tra il 7 marzo e il 4 maggio 2020. Lo studio sostiene che poco meno della metà di quei sintomi poteva essere riferita ad altre patologie. Dunque i contagiati da coronavirus potrebbero essere 8 milioni (ai quali vanno sommati gli asintomatici). Se paragonati ai 221’133 contagiati accertati (su 1,9 milioni di persone testate), sembra quasi che questo lockdown e i tamponi abbiano avuto la funzione che hanno le mani nell’impedire al vento di colpire il volto.

181885

I dati dell’epidemia aggiornati al 18 maggio scorso dicono che i casi positivi al coronavirus sono 225549 in Italia (fonte ISS). Di questi, l’80,64% sono nelle regioni del nord Italia: 181885 casi. Il 19,36% è nelle regioni del centro e del sud. Ma per quasi due mesi siamo stati tutti indistintamente in lockdown.

11600

L’Istat il 4 maggio scorso ha presentato il primo rapporto sull’impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale (potete leggerlo qui). Lo studio prende in esame i dati del primo trimestre 2020. Tra i molti dati che riporta, uno colpisce: ci sono 11600 morti in più rispetto al passato per i quali non si è individuata una causa. Le cause ipotizzate sono tre: “(…) una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (…) e, infine, una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette”.

3,9%

Settimanalmente l’Istituto Superiore di Sanità aggiorna i dati sulle caratteristiche dei pazienti deceduti con infezione da coronavirus. Il dato più aggiornato è del 14 maggio e si basa su un campione di 29692 persone decedute con coronavirus. Per 2848 deceduti l’ISS ha esaminato le cartelle cliniche ed è emerso che: il 3,9% non aveva altre patologie; il 14,9% aveva una patologia ulteriore; il 21,3% aveva due patologie ulteriori; il 59,8% aveva tre patologie ulteriori.

79,6%

Il 24 aprile scorso l’Istituto Superiore di Sanità ha presentato un “focus” sul “luogo di esposizione” del contagio (rivedi qui la conferenza stampa). Lo studio prendeva in esame 4508 casi su 58803 casi di positività al coronavirus notificati tra il 1° e il 23 aprile, in pieno lockdown. Dallo studio (seppur parziale) è emerso che il 44,1% dei casi è stato contratto in RSA, il 24,7% in famiglia, il 10,8% in ospedali o ambulatori. Dunque il 79,6% dei contagi sarebbe avvenuto in RSA, presidi sanitari e famiglie. Soltanto il 4,2% dei casi accertati è avvenuto in luoghi di lavoro (ad esclusione di RSA e presidi sanitari) e l’1,9% dei casi in comunità religiose. Lo studio evidenzia anche un 12% circa di contagi attribuiti ad altri luoghi.

4 su 1518 e 22 falsi positivi

Nel Veneto la Regione ha fatto una campagna di test tra i lavoratori di nove aziende dell’area di Padova (zona Vo’ Euganeo). Secondo quanto riporta il Corriere della Sera (l’articolo è qui), su 1518 lavoratori testati soltanto in 4 erano positivi al tampone. Tre dei quattro lavoratori erano di un’azienda che ha temporaneamente chiuso l’attività produttiva. In sette aziende che sono state sempre aperte non c’è stato nessun positivo. Dato ancor più rilevante se si pensa che il 3,5% dei dipendenti era risultato asintomatico secondo i test sierologici tradizionali (quelli col prelievo sanguigno). Tutto ciò pare quindi dire che il luogo di lavoro è un luogo più sicuro di molti altri. Si aggiunge un ultimo dato: dai test sierologici rapidi (pungidito) erano usciti fuori 22 falsi positivi.

47

Il lockdown è costato all’Italia 47 miliardi di euro al mese e i costi maggiori li hanno pagati i lavoratori autonomi e le partite Iva. A ciò va aggiunto un altro dato che riguarda lo Stato: -6%. È la riduzione del gettito fiscale stimato dalla della Banca d’Italia per il 2020 che sarà soltanto parzialmente recuperato nel 2021. Perdite non oltre sostenibili per lo Stato e i privati. Si aggiunga che questa crisi, con questo blocco di tutto il settore produttivo porterà a una riduzione del prodotto interno lordo del 15% nei primi sei mesi del 2020. A dirlo non sono io ma l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (qui la notizia). Ciò comporterà un aumento del debito pubblico italiano del 25% e porterà il tasso di disoccupazione al 17% (a febbraio era l’8,4%).

30-40

Durante questa pandemia la Banca Centrale Europea, che a sua volta opera tramite le banche centrali nazionali, ha acquistato tra i 30 e i 40 miliardi di euro di titoli di Stato italiani. In pratica ha finanziato parte delle manovre del Governo. Se è positivo per lo Stato che la BCE fornisca risorse, autorevoli fonti sostengono la potenziale dannosità di questi acquisti sull’economia reale e sulla stabilità finanziaria nel lungo periodo.

1390

Ieri il Ministero dell’Economia e Finanze ha dato il via all’emissione del BTP Italia, garantendo un tasso dell’1,4% (tassazione agevolata al 12,5%) indicizzato all’inflazione italiana e un premio dello 0,8% per chi detiene quei titoli per 5 anni. Sono titoli che dovrebbero coprire le spese fatte dallo Stato contro la pandemia (cassa integrazione, bonus, Alitalia, clausole Iva etc). Malgrado la convenienza, l’emissione è stata pubblicizzata solo su testate specialistiche, dunque pare che non si riusciranno ad attivare sensibilmente quei 1390 miliardi di euro di biglietti, monete e depositi detenuti dalle famiglie italiane e da dopodomani quei titoli andranno a banche e fondi d’investimento. Insieme alle attività finanziarie latu sensu quei 1390 miliardi costituiscono il patrimonio privato più alto d’Europa (3278 miliardi) che è il triplo del recovery found che si vorrebbe attivare in UE. Alla fine dei conti, quei soldi sono la nostra vera benzina che ci farà riprendere dopo la crisi, come abbiamo già fatto malgrado certe classi dirigenti.

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