“Infermità mentale”: nessuna condanna per l’omicidio di Demenego. Il padre: “Vergogna”

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Assolto Alejandro Meran, che sparò a Matteo Demenego e Pierluigi Rotta: era “incapace di intendere e di volere”. Fabio Demenego: “Mi vergogno di essere italiano”

L’omicidio del poliziotto di Velletri Matteo Demenego e del suo collega Pierluigi Rotta finisce senza condanne. È stato assolto Alejandro Stephan Meran, il dominicano che sparò ai due poliziotti nell’ottobre 2019 nella Questura di Trieste. L’imputato è stato assolto perché, sulla base di una perizia, è stato ritenuto mentalmente infermo al momento dell’omicidio. Era totalmente incapace di intendere e di volere per una psicosi.

La Corte d’Assise di Trieste per lui ha ordinato la sistemazione in una “Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza” per trent’anni. Meran è stato infatti ritenuto socialmente pericoloso dalla stessa perizia che ne ha escluso l’imputabilità. Si tratta, legalmente, di una misura di sicurezza che sarà soggetta periodicamente a possibile revisione.

In passato un’altra perizia, firmata da tre professionisti e ordinata dal Gip, aveva invece ritenuto parzialmente in grado di intendere e di volere lo stesso Meran. Da parte del padre di Matteo Demenego è arrivata una dura presa di posizione. “È una vergogna e mi vergogno di essere italiano” ha affermato. “Due anni fa – ha aggiunto – non avrei mai pensato di dover ingaggiare  avvocati e periti di parte ma nemmeno questo non è bastato”.

Per Meran finisce dunque la detenzione mentre non si è ancora trovata una struttura in cui possa essere ospitato. L’avvocato difensore dei Demenego, Rachele Nicolin, è in attesa delle motivazioni della sentenza, per valutare di richiedere alla procura generale della Corte d’Appello di impugnare la sentenza.

Quanto alla Procura di Trieste, ha chiesto alla Corte l’assoluzione. “La decisione – ha dichiarato il procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo – è il risultato di ciò che gli elementi processuali portavano a ritenere. Mi rendo conto che questa è una tragedia che termina lasciando l’amaro in bocca, ma questa è la conclusione necessitata dalla norme che abbiamo”.

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