Bambini e Covid, gli studi e l’ipotesi: ritardi nello sviluppo per le minori interazioni

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Lo studio internazionale pubblicato dalla prestigiosa rivista Nature cerca di spiegare in che modo la pandemia colpisce il cervello dei bambini

“Un precipitoso calo del gioco” potrebbe aver creato nei bambini un ritardo nello sviluppo infantile. A dirlo non sono chiacchiere da bar ma uno studio pubblicato da Nature, la più prestigiosa rivista internazionale che ci occupa di scienza. Un lungo articolo scritto da Melinda Wenner Moyer è stato pubblicato ieri sulla prima pagina della rivista scientifica (leggilo qui per intero).

Lo studio prende in esame le ricerche sullo sviluppo dei bambini nati durante la pandemia fatte in diversi istituti scientifici. Gli infanti “hanno ottenuto punteggi, in media, più bassi nei test delle capacità motorie e comunicative rispetto a quelli nati prima”.

“Non importava se il loro genitore naturale fosse stato infettato dal virus o meno – si legge nell’articolo – sembrava esserci qualcosa nell’ambiente della pandemia stessa”. I motivi dei risultati sui presunti deficit cognitivi e motori in questioni sono oggetto di ricerche. Secondo il biofisico medico Sean Deoni (dell’Advanced Baby Imaging Lab della Brown University di Rhode Island), tali ritardi potrebbero derivare “dalla mancanza di interazioni” tra i bambini e altre persone.

Le ipotesi: meno interazioni tra pari e poche parole anche in famiglia

Con tutte le chiusure, la didattica a distanza e le rinunce alle attività sociali, l’ambiente in cui hanno vissuto maggiormente i bambini è quello famigliare, che però non sarebbe stato abbastanza stimolante. Addirittura da uno studio non ancora pubblicato sarebbe risultato che “il numero di parole pronunciate dai genitori ai propri figli e viceversa negli ultimi due anni è stato inferiore rispetto agli anni precedenti”.

Inoltre il sospetto di Deoni è che “neonati e bambini piccoli non stiano praticando la motricità grossolana come al solito perché non giocano regolarmente con altri bambini o non vanno nei parchi giochi”. “E la cosa sfortunata è che quelle abilità gettano le basi per tutte le altre abilità”

Un altro studio proveniente dal Regno Unito suppone che il ritardo riscontrato sia dovuto alla “mancanza di interazioni tra pari”. Cioè, di nuovo, alla mancanza di giochi con i giovanissimi amichetti da fare anche all’asilo nido o alla scuola materna. I ricercatori avrebbero infatti “scoperto che le abilità dei bambini erano più forti se avevano ricevuto cure di gruppo [“group care”: anche nel senso di “attenzioni”] durante la pandemia”. Inoltre i benefici di queste interazioni di gruppo sono state maggiori sui bambini delle famiglie a basso reddito”.

Ansia e depressione delle gestanti potrebbero aver influito sullo sviluppo dei bambini

Segnaliamo inoltre che un ulteriore studio ha preso in esame ottomila donne incinte durante la pandemia. La metà di loro ha riferito di soffrire di ansia durante la gestazione, un terzo di depressione. I dati in questione sarebbero più alti di quelli che si registravano prima della pandemia. Lo stress delle mamme avrebbe influito sullo sviluppo dei neonati. Citiamo da Nature:

In un preprint pubblicato a ottobre, hanno scoperto che i bambini nati da persone che riferivano più sofferenza prenatale – più sintomi di ansia o depressione – mostravano connessioni strutturali diverse tra la loro amigdala, una regione del cervello coinvolta nell’elaborazione emotiva, e la loro corteccia prefrontale, un’area responsabile per le capacità di funzionamento esecutivo.

Indicazioni simili su bambini di tre mesi arrivano anche da Livio Provenzi, psicologo presso la Fondazione IRCCS Mondino di Pavia. Secondo lo psicologo, i bambini nati da gestanti ansiose e depresse, ad esempio, “erano meno capaci di mantenere la loro attenzione sugli stimoli sociali e si calmavano meno facilmente rispetto ai bambini di persone che erano meno stressate e ansiose durante la gravidanza”.

Ma i bambini sono capaci di recuperare: hanno bisogno di stimoli, affetto e giochi con altri bambini

Ulteriori studi e approfondimenti sono in corso per convalidare o confutare queste prime conclusioni. Tutti ritengono comunque certo che i bambini abbiano grande capacità di recupero, grazie alla loro “plasticità”. “I bambini sono così adattivi ed elastici. E ci aspettiamo che le cose miglioreranno e che dovrebbero essere in grado di resistere a molto di ciò che è successo” ha infatti dichiarato Moriah Thomason.

La buona notizia, comunque, è che i bambini piccoli in ambienti stimolanti e sani potranno recuperare questi ritardi. Questo perché neonati e bambini sono molto “plastici ed elastici”. “Non mi aspetto che scopriremo che c’è una generazione che è stata ferita da questa pandemia”, afferma Moriah Thomason, psicologa infantile e adolescenziale presso la Grossman School of Medicine della New York University.

“Nel complesso – scrivono su Nature -, i ricercatori sostengono che la maggior parte dei bambini probabilmente starà bene, ma più del solito potrebbe attualmente essere in difficoltà. E se vogliamo sostenere coloro che sono rimasti indietro, dovremmo idealmente intervenire presto”“I bambini sono sicuramente molto resistenti”, dice Deoni. “Ma allo stesso tempo, riconosciamo anche l’importanza dei primi 1.000 giorni di vita di un bambino come le prime basi cruciali”. I bambini “sono un prodotto del loro ambiente”, dice Deoni. “Più possiamo stimolarli e giocare con loro, leggere per loro e amarli, ecco cosa ci vorrà”.

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