Il pasticcio di Colle Belvedere: così Valmontone paga 38 mila euro a causa di una buca

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Il Comune di Valmontone perde in Appello contro una parente di Alberto Latini e riconosce le somme decise dal Giudice. Attiani e Bellotti: “Andava fatto ricorso in Cassazione”

Il palazzo comunale

Il Comune di Valmontone pagherà più di 38 mila euro per le conseguenze di una caduta in via Colle Belvedere. A tanto è stato condannato nel luglio scorso l’Ente dalla Corte d’Appello di Roma e tanto dovrà riconoscere ad un parente del sindaco Alberto Latini che, per questo (e come previsto dalla legge), non ha preso parte al Consiglio comunale che ha discusso e votato la delibera, in cui si afferma anche che i termini per il ricorso in Cassazione sono “spirati”.

Dall’opposizione si contesta la scelta di non ricorrere in Cassazione. “Il Comune poteva presentare ricorso – ha commentato il Consigliere Piero Attiani – ma l’Amministrazione ha deciso di non farlo e di pagare, anche sulla scorta del parere del legale di fiducia. Non metto in dubbio quanto successo alla signora – ha proseguito Attiani –, che sicuramente aveva tutto il diritto di fare quanto ha fatto per tutelare i propri diritti, ma proprio perché stiamo parlando di una parente stretta del sindaco andava fatto ricorso in Cassazione per fugare ogni dubbio sulla vicenda”.

“C’è di più – ha aggiunto Massimiliano Bellotti durante il Consiglio comunale – l’avvocato di fiducia dell’Ente nel suo parere ha detto al Comune che la sentenza può essere non condivisibile e quindi, siccome il Comune aveva vinto in primo grado, ritengo che il ricorso in Cassazione si sarebbe dovuto comunque fare”.

Una buca costata 38 mila euro

Quanto è costata quella buca al Comune? 38648,87 euro, che sono già stati liquidati alla vittima dell’infortunio. Ma perché non ha pagato l’assicurazione? Come sono andate le cose? E perché il Comune non ha fatto ricorso in Cassazione, avendo vinto in primo grado?

Iniziamo dal 4 gennaio 2010, il giorno in cui la signora stava camminando sul marciapiede di via Colle Belvedere. Sono le 19.30, la zona è poco illuminata e la signora cade rovinosamente a terra nei pressi di una buca, riportando lesioni rilevanti in vari punti del corpo. Una serie di danni che giustificherebbero un risarcimento cospicuo.

Il Comune attiva il sinistro presso la compagnia con cui ha stipulato la polizza assicurativa fino al 2011. Si tratta della Faro Assicurazioni e Riassicurazioni spa. La società però fallisce nel 2011 e il Ministero dello Sviluppo Economico nomina un commissario liquidatore.

La vittoria del Comune in primo grado

Tre mesi dopo, la vittima della caduta non è stata ancora pagata e decide di far causa al Comune di Valmontone per ottenere il risarcimento del danno. L’Ente resiste in giudizio e dopo quattro anni il Tribunale di Velletri dà ragione al Comune. Durante il processo, infatti, i testimoni dichiarano di aver visto la buca e di aver visto cadere improvvisamente la signora a terra ma nessuno dichiara che la causa della caduta è stata proprio la buca.

La Corte d’Appello ribalta la sentenza

L’anno dopo la signora cambia avvocato e si affida ad Antonio Ingroia, l’ex Pm di Palermo. Fa ricorso in Appello e dopo tre anni la Corte d’Appello di Roma le dà ragione, aderendo a un diverso orientamento giurisprudenziale. La Corte ritiene infatti preponderante l’evidenza che la signora sia caduta inciampando proprio in quella buca perché, ad esempio, non portava tacchi alti, né in quel momento era distratta a parlare al telefono o con altri in quel momento. E così i giudici liquidano alla signora il danno biologico, quello morale, le spese mediche, il ritardato pagamento e le spese legali. Ora ci si può tornare a chiedere: perché non paga l’assicurazione ma il Comune?

La vicenda assicurativa

La “Faro” era in liquidazione coatta amministrativa (una procedura analoga al fallimento) dal 2011 e i rapporti con il Comune sono difficili. Il Comune reclama la copertura di sinistri per 200 mila euro e nel 2012 dà mandato a un legale di insinuarsi nello stato passivo (ci riuscirà nel 2018). Poi l’Ente arriva ad un accordo per 90 mila euro, rinuncia ad ulteriori pretese e, anche considerato che all’epoca risultava vincitore in primo grado proprio contro la signora di Colle Belvedere, con quei soldi il Comune fa pagare altri sinistri. Chiusa così la “partita” con l’assicurazione, i danni calcolati a luglio scorso dalla Corte d’Appello gravano direttamente sulle casse comunali.

Il “giallo” sui termini del ricorso e il parere dell’avvocato del Comune

Si arriva in questo modo al Consiglio comunale di fine novembre. L’Amministrazione, sentito anche l’avvocato di fiducia, Lara Caschera, decide di riconoscere il debito. E qui c’è un “giallo”. Nella delibera di Consiglio di fine novembre viene scritto che i termini per il ricorso in Cassazione sono ormai chiusi. Considerando che la sentenza è del 6 luglio, la delibera sembra prendere in considerazione il termine di 60 giorni dalla notifica. In questo modo i termini sarebbero scaduti a inizio ottobre.

Tuttavia, qualche giorno dopo la presunta scadenza dei termini, l’avvocato, su richiesta dell’Ente, presenta un parere in cui afferma che il ricorso in Cassazione “non avrebbe molte possibilità di ottenere esito favorevole per il Comune”. Possibile che un parere arrivi dopo la scadenza dei termini per il ricorso? Può darsi, invece, che la sentenza non sia stata formalmente notificata ma solo pubblicata e comunicata al Comune? In questo caso i termini per fare ricorso in Cassazione sarebbero ancora aperti quanto scritto in delibera non sarebbe corretto. Scadenza dei termini o no, intanto la sentenza è esecutiva e il Comune sta pagando oltre 38 mila euro a causa di una buca su un marciapiede.

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