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Non confondiamo questo principio con ciò che dice il Vangelo, che avvisa “Date a Cesare quel che è di Cesare”. E questo perché non è lecito bollare come nemici i benestanti né tanto meno aizzare il popolo dei forconi contro chi produce ricchezza senza rubare o frodare e dà lavoro alla gente o contro chi si è costruito una pensione dignitosa (ecco che vale la parola “dignità) con il proprio onesto lavoro anche usurante e gli incarichi di livello e ha versato i contributi previsti. Il Di Maio, che pare abbia lavorato ben poco nella sua vita prima di entrare in Parlamento, prima impari a lavorare e poi potrà parlare di …lavoro, sviluppo economico e pensioni! E la smetta di “additare al disprezzo e all’odio sociale” chi possiede perché se lo è meritato con il proprio lavoro invece di promuovere il reddito di cittadinanza che equivale togliere a chi ha lavorato e prodotto e dare a chi non lavora. Somiglia tanto ai piani demenziali comunisti.
La “dignità” è ben altra cosa di quella del Di Maio: vada a leggere il filosofo Immanuel Kant che fu il primo a ritenere e a definire la “dignità” un valore assoluto non scambiabile perché privo di valore equivalente. L’attacco alle banche trattate come “mafia”, agli imprenditori, alle Televisioni e ai cosiddetti pensionati d’oro (che Lenin definì “grassi borghesi”) sono il primo e sconvolgente passo verso un regime comunista-leninista. Il cosiddetto “decreto dignità” non favorirà gli investimenti, distruggerà i posti di lavoro e impoverirà l’Italia. Con il suo gettare fumo negli occhi dei cittadini ci sta portando ai tempi che furono, con la sua supponente cura basata sull’invidia e il disprezzo sociale nel nostro Paese la più becera sinistra sta tornando al potere “sotto mentite spoglie”.