Rifiuti a Colleferro: “Pronti a manifestare”. Ma per la Regione l’impianto è “strategico”

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Il comune di Colleferro sul progetto della Regione: “A Colle Sughero non ci sono gli oltre 20 ettari necessari ma solo 5. Nessuno autorizzerebbe un impianto a 300 metri da una scuola materna”

“Se sarà necessario si tornerà a manifestare tra le strade, nelle piazze, fra la gente”. Gli amministratori comunali di Colleferro l’impianto da 250 mila tonnellate a servizio di un TMB non lo vogliono. Il sindaco che si sdraiò davanti ai camion che volevano riattivare i termovalorizzatori è tornato a promettere battaglia.

“Colleferro non può accettare che si faccia un impianto a servizio dei TMB per 250.000 tonnellate” affermano dal Comune, spiegando i problemi sono diversi. “A Colle Sughero – dicono – non ci sono gli oltre 20 ettari necessari ma solo 5. Ci chiediamo chi possa costruire qualcosa in un sito già oggetto di attenzioni, vista la grande quantità di materiale inquinante presente sotto i piazzali, primo fra tutti il cromo esavalente”.

“Occorre inoltre considerare – proseguono – che ad oggi nessuna conferenza dei servizi autorizzerebbe mai un impianto del genere a meno di 200 metri da un centro storico e a 300 metri da una scuola materna ed elementare, in un luogo dove la viabilità a servizio di un sito di questo tipo è del tutto inutilizzabile”.

“Siamo una città martoriata. Sarà più facile cercare un qualsiasi sito industriale idonei nel Lazio”

La posizione del comune non è un no ideologico all’impianto proposto qualche giorno fa dalla Regione, che tra l’altro dovrebbe essere realizzato da una società in liquidazione come Lazio Ambiente. “Sarà certamente più facile cercare un qualsiasi sito industriale idoneo nel Lazio, invece di perdere tempo a parlare ancora di Colleferro” affermano dal comune, ricordando che “Colle Sughero e Colle Fagiolara hanno ospitato per anni impianti di incenerimento e discarica, per fare da soluzione ai problemi del Lazio”.

“Siamo una Città ed una Valle martoriate – dicono il sindaco, la giunta e i consiglieri di maggioranza – , le potenzialità del territorio non possono in nessun modo contemplare la realizzazione di un impianto calato dall’alto, sovradimensionato e al servizio eventuale di un contesto geografico ben lontano da quello dove si insedierebbe”.

“Colleferro – aggiungono – non è una Città che si tira indietro o che lascia risolvere agli altri i propri problemi: l’Amministrazione ha fondato il suo gestore e con esso ha immaginato le sue necessità impiantistiche legate alla differenziata, pensando al territorio e rispettandolo”.

Un impianto già previsto nel Piano regionale e dimezzato col tempo

L’impianto di Colleferro però non è una novità. Era già previsto, infatti, nel Piano Regionale dei Rifiuti pubblicato il 22 novembre 2020. Nel Piano era stato inserito da una delibera della Giunta regionale del 2018, che prevedeva una capacità di 500 mila tonnellate annue. Nello stesso Piano si è però dato atto che la potenzialità si sarebbe dovuta ridurre a 250 mila tonnellate annue, come richiesto dai comitati locali che hanno avanzato osservazioni al Piano. Così viene descritto processo di riconversione del ciclo dei rifiuti del Lazio:

Un processo che comincerà dalla riconversione del sito di Colleferro, trasformando l’attuale impiantistica di termovalorizzazione in altra tipologia impiantistica che persegua obiettivi di recupero di materia, il tutto nel rispetto dei principi comunitari dell’economia circolare.

Come previsto dalla deliberazione di Giunta n. 614/2018, si prevede la costruzione di un compound industriale capace di ricevere e trattare i rifiuti urbani residui per trasformarli in materie prime seconde (MPS), sottoprodotti e prodotti, che incorpori tutte le migliori BAT (Best Available Tecniques) e BRef (Best References) dell’Unione europea proponendosi come riferimento per la rigenerazione di materia ottenuta dai rifiuti urbani.

La nuova impiantistica permetterà l’invio della frazione organica separata meccanicamente e dei sovvalli, prodotti dai TMB in esercizio nel Comune di Roma Capitale e della Regione, ad un processo di trattamento finalizzato al massimo recupero di materia.

Cosa diceva lo studio di fattibilità elaborato da Lazio Ambiente per il sito di Colleferro

Dopo aver dato mandato a Lazio Ambiente di riconvertire i termovalorizzatori, la Regione ha ricevuto la proposta della società e l’ha riportata nel Piano regionale dei rifiuti. Secondo le previsioni del 2020 l’impianto sarebbe dovuto entrare in funzione nel 2023. Secondo quanto riportato nel Piano regionale, lo Studio di fattibilità è stato sviluppato a partire dai seguenti principali assunti di fondo:

  • trasformare l’assetto impiantistico in modo che sia coerente con la DGR 614/2018, perseguendo l’obiettivo di massimizzare il recupero di materia adottando le migliori tecnologie disponibili (B.A.T.);
  • avere una potenzialità di circa 250.000 t/a anche in riferimento alla DGR 614/20181;
  • avere una impiantistica regionale a supporto: l’impianto si propone infatti di trattare materiale in ingresso che derivi da una prima tritovagliatura meccanica, in modo da separare un sopravaglio, costituito da materiale secco, destinato a diventare prioritariamente Materie Prime Seconde (rispetto alla situazione attuale di produzione CSS), da un sottovaglio ad elevata componente organica, da destinarsi a successivo trattamento biologico in situ o nel nuovo impianto.

“In merito alle potenzialità di tale impianto – si legge ancora nel Piano regionale -, la Regione Lazio rileva che le stesse potrebbero essere riviste in riduzione a circa 250.000 t/anno, coerentemente con il mantenimento (ed eventuale ammodernamento, laddove necessario) delle sezioni di stabilizzazione biologica (o parte di esse) presso i TMB coordinati”.

Un impianto “strategico” per il Lazio

Che l’impianto colleferrino sia considerato “strategico” per il Lazio, lo mette nero su bianco la stessa Regione. E infatti l’impianto viene definito “obiettivo strategico”. Dice infatti il Piano regionale, trattando del periodo transitorio tra la situazione attuale e quella ideale tracciata dal documento:

Il Piano disegna una prospettiva di lungo termine legata al raggiungimento di specifici obiettivi, alcuni dei quali correttamente ambiziosi che richiedono un attento e continuo monitoraggio dei dati e dei flussi. Il mancato raggiungimento anche di uno solo di questi obiettivi rischia di far saltare il quadro generale così come delineato e, di conseguenza, rischia di generare nuove situazioni di emergenza nella gestione dei rifiuti, specialmente per il territorio di Roma. Per questo occorre fin da subito organizzare il regime transitorio in maniera puntuale e compiuta individuando competenze e attività specifiche e possibilità di modulazione delle misure previste a seconda dei flussi.

Uno degli obiettivi strategici è la realizzazione e l’entrata in funzione del nuovo impianto per il recupero di materia da realizzarsi a Colleferro. Tale impianto, che secondo le previsioni iniziali doveva entrare in funzione nel 2022 e trattare 500mila tonnellate/anno di sottovaglio dei TM/TMB non potrà entrare in funzione prima del 2023 e tratterà al massimo 250mila tonnellate/anno, la metà di quanto inizialmente previsto. È chiaro ed evidente, quindi, come sia reale e concreto il rischio di una nuova emergenza qualora non vengano adottate misure specifiche per la gestione del transitorio.

Ora il lettore si potrà chiedere. Possibile che dopo tutti questi atti di programmazione, tutti questi passaggi politici e amministrativi, compresi quelli in Consiglio regionale, non ci si sia accorti che, come dice il Comune di Colleferro, “non ci sono gli oltre 20 ettari necessari” per fare un impianto così strategico?

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