La storia di “Bacco”: l’ultimo viticoltore di Segni che oggi avrebbe compiuto 135 anni

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Un tempo a Segni, verso Montelanico, c’erano i vitigni di Bruno Spigone, chiamato “Bacco” per il suo ottimo vino

bruno spigone bacco segni

C’è stato un tempo in cui a Segni si coltivava la vite. Era il tempo del mondo agricolo del primo Novecento e a coltivarla era Bruno Spigone, conosciuto da tutti come “Bacco”. Bruno nacque nel giorno di San Bruno, il 18 luglio del 1887. Fu uno dei segnini che combatté nella Prima Guerra Mondiale. Morì il 16 marzo del 1981 a 93 anni.

Appartenne a un’epoca in cui i contadini erano il motore dell’economia rurale, e infatti “Bacco” non era solo produttore di vino, che vendeva nel paese lepino, ma anche di olio, grano, mais e allevatore di animali. L’unica cosa che gli mancava era il sale. Con i suoi prodotti aiutava anche la famiglie in difficoltà e, da buon contadino, per qualche tempo fu socio della Cassa Rurale e Artigiana di Segni.

“Era una persona di vecchio stampo” racconta Gaetano Manni, uno dei nipoti di “Bacco”. “Ad esempio – racconta Gaetano – non poteva credere che si potesse andare sulla luna. Non ne concepiva l’utilità e una volta passò una mattinata intera a discutere con uno scienziato sullo spazio”.

Bruno è stato anche uno degli ultimi vignaioli di Segni. Aveva la vigna tra Segni e Montelanico, in località Santa Nicola. Su quei terreni aveva piantato l’ottonese e il greco. Una volta vinificato quel “nettare” lo vendeva a Segni nelle fraschette e per questo tutti lo chiamavano “Bacco”.

“Bacco” era del centro storico di Segni. Abitava in via Dante, a cento metri dalla cattedrale, sopra all’osteria di Nino “Tamburo”, che conosceva a memoria i sonetti di Belli e Trilussa, che era anticlericare e socialista, di rara arguzia.

Bruno era uno di quelli che aveva combattuto al fronte durante la Prima Guerra Mondiale. Nella Grande Guerra combatté tra gli “Artiglieri da Montagna”, un reggimento all’epoca dotato di muli. “Non partecipò alla Seconda Guerra Mondiale – racconta Gaetano -, ma, scherzoso, di tanto in tanto prendeva in giro il figlio e il genero che l’aveva persa”.

Nella sua vita Bruno ebbe un grande dispiacere. La moglie Laura Colabucci morì prematuramente. Lui non si risposò mai e, mentre Bruno lavorava, la famiglia fu portata avanti dalla figlia di 15 anni. Ebbe cinque figli, che per decenni portarono il soprannome di “Bacco”, come si usa fare nei paesi, in cui i figli prendono il soprannome del padre.

Alfredo, appartenente ai Frati Minori Conventuali, fu al campo di internamento delle Fraschette di Alatri. Gli altri: Giovanni, Pierina, Maria e Domenico. Dei suoi discendenti è rimasto in vita Domenico, pensionato con due figli. Ci sono poi i nipoti Gaetano e Maria Laura e due cugini di Roma.

Bruno “Bacco” Spigone oggi avrebbe compiuto 135 anni e la sua storia testimonia una Segni che non c’è più. Quella nata nell’Ottocento, quella fondata sull’agricoltura, quella che fece la Grande Guerra e quella che coltivava la vite sui pianori del Rio.

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